Yvan Beltrame
Yvan Beltrame

I misteri di Giambattista Tiepolo 

G. Tiepolo, La Nobiltà e la Virtù abbattono l'ignoranza, part. (1748) Pasadena California

I misteri di Giambattista Tiepolo (3)

di Serenella Minto

 

La Nobiltà e la Virtù abbattono l'ignoranza, particolare (1748) Pasadena, California: questo è il modo di dipingere di Tiepolo che tutti conoscono.

Il racconto che ho presentato nei due numeri precedenti di Marca Aperta è, invece, la premessa alla parte più misteriosa di Giambattista Tiepolo.

Ho scelto due tra le trentatré incisioni che furono riunite e intitolate dal figlio Giandomenico dopo la morte del padre.

Alla fine della lettura mi saprete dire se le immagini che ha inciso Tiepolo sono così strane e particolari al punto da meritare tutta la nostra attenzione, con la speranza che sia rivalutata tutta l'opera di questo grande veneziano, di cui non esistono nemmeno più le ossa, sparite con la bara che ne conservava il corpo in una piccola chiesetta di Madrid distrutta e dimenticata.

Iniziamo da: "Famiglia di satiri" (titolo attribuito nell'edizione Pignatti)- Scherzi-, acquaforte 18, 225 x 178 millimetri.

Chissà cosa avrà condotto la famigliola satiresca in questo posto che assomiglia a una radura al limitare di un bosco, con l'immancabile abete, la panchina con la "pietra parlante", e il gufo sul trespolo a far compagnia. Non manca nemmeno il serpente che si attorciglia sul palo assieme al volatile notturno, eppure è giorno, ma il luogo è segnalato proprio dall'asta che fa da trespolo: siamo nel posto magico del gufo e del serpente.

La satiressa dal profilo di divinità greca sta parlando al figlio, sono entrambi di fronte a noi: lei con le gambe caprine impudicamente aperte, il figlio con la mano teneramente appoggiata al braccio materno. E' proprio un colloquio intimo tra una madre premurosa e il figlio, che forse è un po' monello perché la ascolta distrattamente, mentre osserva qualcosa più in basso con il corpo proiettato in avanti, quasi a voler scendere dal sedile al più presto. Il satiro seduto a terra si riposa con la schiena appoggiata a un masso, sul ventre s'intravvede il flauto a canne e una cinghia, mentre un altro strumento a fiato è trattenuto dalla mano.

Questa pausa sembra interrompersi all'improvviso perché la testa del satiro si gira, abbassandosi verso destra con un ghigno sul volto, distratto dal movimento di un animale che emerge dal sasso alle sue spalle. Chissà, forse è proprio questo che disturba il riposo della famiglia dei satiri.

Intanto il gufo ci guarda fissamente, indicandoci la fine di questo episodio: il resto non ci appartiene.

 

"Pastorella e vecchio con scimmia" (titolo attribuito nell'edizione Pignatti) -Scherzi-, acquaforte 10, 226 x 173 millimetri.

Tutta la storia ruota intorno a questa giovane donna, seguita al passo da un bue possente, che sembra essersi fermata un momento vicino ad un vecchio seduto con una scimmia al guinzaglio.

Guardando meglio ci si accorge che la vicenda è ambientata su un altopiano, con la pianura a destra e in lontananza degli uccelli alti nel cielo.

Tutto normale? Non proprio, vediamo.

La presenza di insolite architetture popolano l'immagine: a iniziare dal basso, dove una lastra di marmo scolpita con un bassorilievo sporge dal terreno, più sopra una grande pietra a forma di anfora presenta sul davanti una inquietante testa di caprone satiresco, e infine, la struttura cilindrica di una tomba, o forse di un cippo sacrificale, ostruisce con la sua mole massiccia una parte dell'orizzonte e il paesaggio retrostante.

Questo elenco di marmi e pietre ci permettono di osservare altri particolari, per esempio: appoggiati sulla sommità della pietra scolpita con la testa di satiro, vi sono alcuni indumenti abbandonati alla rinfusa, assieme ad una cinghia e ad una spada con la testa di serpente, in basso ai piedi del basamento, un solitario strumento a fiato.

Ancora misteri.

Molti animali e simboli dalle forme strane popolano questa incisione: alcuni animali vivi e altri morti convivono in modo assai particolare e incongruente nello stesso episodio, e poi ancora il gufo visto di spalle, appollaiato su un ramo secco che guarda verso l'orizzonte, il bue, la scimmia, e forse anche un serpente, (ma bisogna cercarlo).

Adesso proviamo a sciogliere i misteri.

L'immagine rassicurante della pastorella con il bue dalle lunghe corna è un'allegoria che rappresenta, fin dai tempi più antichi, il mondo agreste e pastorale del buon governo: ne è prova l'antico bassorilievo semisepolto nel terreno che mostra una bellissima immagine di soldato con elmo e cavalli a ricordare le metope dei templi classici greco-romani, e quindi la continuità nella storia umana del lavoro per la sopravvivenza e, nello stesso tempo, della creatività e dell'arte.

Le altre figure sono invece molto inquietanti e non solamente per la presenza di un vecchio accovacciato che tiene a guinzaglio, come un qualsiasi animale domestico, una grossa scimmia, ma per gli intrecci che si intuiscono nel racconto di questa incisione.

Sembrerebbe un bell'enigma.

Sempre che Tiepolo non avesse in mente di spostare qualche personaggio da una storia a un'altra per verificarne l'effetto, per esempio: l'immagine agreste di un pastore con pecore Tiepolo l'aveva già utilizzata in un'altra incisione, nello Scherzo 16, conosciuto anche come il Pastore con due maghi. Così come avevamo già incontrato oltre ai maghi, gufi e serpenti (che qualche volta bisogna saperli cercare) ecc.

Ritorniamo all'incisione del vecchio, della scimmia e della nostra "pastorella", assolutamente priva di beltà muliebri, ma che la storiografia critica l'ha voluta guardare finora in questo modo.

Adesso proviamo a leggere l'incisione di Tiepolo in questo modo: la "pastorella" non ha gli atteggiamenti e gli abiti di una povera ragazza che frequenta i pascoli, sembra piuttosto un giovane efebo che accompagna il bue a un rito sacrificale, abbigliato con un lungo peplo annodato e trattenuto da una collana con un ricco pendente. D'altronde, sul cippo al suo fianco, c'è già la spada nel fodero pronta all'uso.

Il vecchio non è altro che il solito mago che compare in quasi tutte le storie di questi Scherzi, e mi sembra giusto, visto il rito che si sta per compiere su quest'altura.

In lontananza verso la pianura un volo di uccelli dà il senso della profondità e del distacco da ciò che sta accadendo quassù.

Curiosamente il mago, la scimmia e l'effige caprina scolpita sul cippo, sembrano avere la stessa fisiognomica, e la medesima origine: mondi antichi e misteriosi che sprofondano nelle voragini del mito e che il sacrificio vorrebbe acquietare, forse, e che nulla hanno da spartire con l'umanità del giovane efebo, con il bassorilievo classico e il povero e mansueto bue.

Intanto il gufo, voltandoci significativamente le spalle, indica la fine di questo episodio: tutto ciò che deve accadere e il rito sacrificale, non sono cose che ci riguardano.

3 - Fine

 

Bibliografia di base per conoscere Giambattista Tiepolo e il figlio Domenico

 

A. Morassi, Giovan Battista Tiepolo, Londra, 1955

Anna Palucchini, Giambattista Tiepolo, Milano, 1968

Aldo Rizzi, le acqueforti dei Tiepolo, Milano, 1970

M. Gemin, F. Pedrocco, Giambattista Tiepolo. I dipinti. Opera completa, Venezia 1993

Giulio Carlo Argan, Storia dell'arte italiana, Dal Manierismo al Neoclassicismo, ed. Sansoni, 2001

Roberto Calasso, Il rosa Tiepolo, Milano 2006

Famiglia di satiri, acquaforte
Giovane con il vecchio e la scimmia, acquaforte
Pulcinella parla a due maghi, acquaforte
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© Serenella Minto