Yvan Beltrame
Yvan Beltrame

Franco Alesci intervista Yvan Beltrame

La donna e l'anima (1955) - olio su tavola - 50 x 61

(premio Marzotto)

2003 - Franco Alesci intervista un maestro del colore: Yvan Beltrame.

 

Yvan ne parla con “leggerezza” e sempre in maniera positiva, ma la relazione con Romana raggiunse momenti di altissima angoscia e di grande delusione, si sentì tradito e ferito per molti anni.

 

F.A.: la donna più importante della tua vita fu Romana, la vostra relazione

durò trent’anni, ti va di parlarne?

 

Y.B.:L’amore non è mai uguale e i modi di incontrarlo e di viverlo non sono mai gli stessi, ma è la cosa più bella che ci sia. Tutto quello che si  può dire oggi sull'amore valeva anche ieri e varrà anche domani. Certo, diversa era la forma, il modo di conoscersi, ad esempio, con Romana all'inizio ci davamo del lei, pensandoci adesso mi sembra buffo, ma allora si usava così. Uscivamo insieme e ci davamo del lei e questo durò addirittura per qualche anno.

Compresi che sarebbe stata la donna della mia vita molto tempo dopo, quando lei era ormai irrimediabilmente sposata. E il divorzio ancora lì da venire.

La nostra relazione iniziò parecchi anni prima che lei si sposasse.

In quegli anni non feci che disegnarla e dipingerla in tutti i modi, continuamente. Lei aveva poco più che vent’anni io poco più che trenta:sono stagioni della vita straordinarie, deve ancora succedere tutto, l’energia è immensa, i desideri alle stelle.

Con lei non mi annoiavo mai, potevamo stare seduti per ore al Bar a sorseggiare un caffè e la sensazione era sempre di stare bene insieme. Quando si è innamorati di una persona credo che dovrebbe succedere questo.

 

F.A.: Com’era Romana?

 

Y.B.:Romana era bella, ricca, intelligente. Parlava fluentemente tedesco e inglese, amava l’arte e il mare. Oltre che una bellissima donna era un’ottima skipper, pilotava lei personalmente la barca a vela lunga dieci metri di sua proprietà e lo faceva con grande perizia.

 

F.A.: Perché non vi sposaste quando lei era ancora libera?

 

Y.B.:Intanto allora ero poco più che un morto di fame e lei era di famiglia ricca e borghese, non avrei potuto garantirle un futuro e la sua famiglia non avrebbe neppure preso in considerazione un marito come me. Allora nelle famiglie altolocate si usava così, i matrimoni di fatto venivano combinati. Erano dei contratti con i quali venivano messi insieme dei capitali. Beh, in realtà avviene anche oggi. Credo che il mondo non sia cambiato così tanto. Tra noi c’era questo muro.

Erano gli anni ’50, anzi era il 1958 quando lei si sposò, me lo ricordo bene. L’Italia di allora era ancora più "italietta" di quella d’oggi.

Per farla breve: la conobbi nel 1950, lei desiderava imparare a dipingere e io glielo insegnai, veniva nel mio studio di San Vio. Maestro ed allieva: una storia vecchia come il mondo.

Compresi quasi subito che la pittura, l’arte, ed io come artista, esercitavamo su di lei una grande “fascinazione”. Certo non avrei potuto immaginare tutto quello che sarebbe seguito.

Talento ne aveva, imparava velocemente e dimostrò subito di possedere una grande sensibilità pittorica. All’inizio cercò di imitarmi, è normale, poi trovò la sua strada e un suo stile. La personalità iniziò ad uscire più avanti, manifestandosi netta e inequivocabile nei dipinti di alcuni anni dopo.

...

La ritrovai dopo che si era sposata, già insoddisfatta e triste. Da quel momento in poi non ci lasciammo più.

Il marito si rivelò essere un uomo freddo e assente, interessato unicamente al proprio lavoro e all’amministrazione dei capitali propri e della moglie. Lei, invece, era piena di vita e di sensualità. La nostra relazione riprese con una forza irrefrenabile, ancora più di prima. Nessuno la ostacolò: tutti sapevano e tacitamente acconsentirono. Formalmente eravamo amici, per tutti lei era la mia amica, di fatto era la mia donna.

Spesso uscivamo a cena in tre: io, lei e il marito. Per il marito io ero il suo maestro di pittura e fingeva che tutto fosse assolutamente normale. Io, pur di stare assieme a lei mi sarei prestato a questo e ad altro. Accettavo queste uscite fatte di pranzi, cene e a volte veri e propri viaggi.

 

Basta osservare i quadri dipinti da Yvan in quegli anni per capire come questa situazione fosse conflittuale e tutt’altro che serena.

Vediamo un breve esame di alcuni inequivocabili dipinti:

In “Visioni inquietanti” (1954 ) una vacca cinge le spalle di una donna, in “La donna e l’anima” (1955 ) dalla figura femminile rappresentata, esce una sagoma trasparente e vacua, è la doppiezza di quella donna, che non riesce ad essere “una”: come una serpe cambia pelle e mostra al mondo quello che non è.

In “Mani in alto” (1955) un uomo punta una rivoltella al ventre di una donna.

Sono soggetti particolari: Yvan era furente!

 

F.A.: dicevi che Romana era un’ottima skipper. Andasti mai in barca con lei?

 

Y.B.: a bordo della sua barca a vela ci andai una sola volta e… venne anche suo marito, navigammo fino a Trieste. Sono un veneziano sui generis, non amo le attività marinaresche, ma più in generale non mi piace fare fatica.

 

Yvan si schernisce quando dice queste cose ma, probabilmente, la condivisione della barca, del mare, delle cabine e dei letti rappresentarono comunque una intimità intollerabile - seppure si trattava solo di coricarsi e dormire a poca distanza -. Tutti elementi che si caricarono di simboli fastidiosi, che crearono una promiscuità intollerabile. E così la barca a vela diventò la sintesi del suo amore fatto di compromessi.

E nel “Burattino” degli anni '50, forse all’indomani di quella crociera, Yvan dipinge un uomo gigantesco che tiene in mano un ometto poco più grande del suo avambraccio – è chiara l’allusione - ma neppure in questa inusitata rappresentazione risulta presente la violenza, neppure in "nuce": troppo distante da quest’ uomo.

Il triangolo proseguirà così solo con le cene e i pranzi. Le mostre, che si intensificano, sono invece appannaggio di Yvan e Romana.

Poi subentra l’accettazione, la rabbia si placa, si riavvicinano.

E in “Uno di troppo” 1955, sono presenti tre figure: un uomo e una donna che si rispecchiano l’uno nell’altra: dolci, estatici, rapiti, la terza figura chiaramente "fuori posto", imbelle, ingombrante.

In “Giocolieri con donna” 1955, ella, oggetto di contesa tra due uomini, rotea sopra le loro teste come un birillo da giocoliere.

In “Sottomissione” 1956, un uomo è in ginocchio ed è sedia umana per l’altro, in “Gelosia” 1956, un uomo è terzo incomodo: sguardo vuoto, presenza inutile. Le immagini dicono più di mille parole.

Quella situazione fu per Yvan una grande sofferenza e tutto ciò influì significativamente nel suo sviluppo artistico, lo segnò, imbrigliandolo in un figurativo ossessionante ma necessario per buttar fuori e rappresentare tutte quelle strane e brutte sensazioni che si liberavano come vapori di cloroformio dal tampone di quel triangolo.

Quei dipinti divengono indispensabili, sono per Yvan un antidoto al veleno accumulato in quel periodo.

 

F.A.: Alcuni dei lavori di quegli anni rappresentano le tue sofferenze e risentono delle tensioni accumulate, ma il tuo stile ne ha risentito?

 

Y.B.:Probabilmente. Avrei dovuto insistere con l’astratto. Credo che sarebbe stata la mia vera strada. E invece ho percorso tutte le strade meno quella.

 

Gli anni passano e sempre più frequentemente Yvan e Romana fanno coppia. Sono anche anni frenetici di grande creatività per Yvan che produce una quantità enorme di lavori.

A un certo punto Yvan e Romana si vedono spesso in giro per la città da soli, vanno frequentemente a mostre, a teatro, prendono un palco alla Fenice, non fingono più, sono due fidanzati. Vanno a Parigi e poi a Londra, viaggiando da soli in questi due e unici viaggi all’estero. Espongono e dipingono insieme.

E’ Romana che organizza il lavoro di Yvan, è lei che prenota i biglietti, che organizza i pochi viaggi.

Passano così gli anni, anzi i decenni. In un attimo ne passano trenta in questo modo anomalo: alla sera ognuno tornava nella sua abitazione!

 

F.A.: poi Romana si ammalò!

 

Y.B.:   Si, era il 1980, la malattia si manifestò con piccoli sintomi che potrebbe avere chiunque senza per questo doversi preoccupare.

Mi diceva che soffriva di un forte mal di testa, specie la mattina appena sveglia, che poi si attenuava nel corso della giornata. Una volta mi disse che provava nausea e che si sentiva debole.

Che strano, le settimane prima che il male si manifestasse girammo come trottole dalla mattina alla sera, dipingendo in modo forsennato, sembrava che avessimo energie smisurate…

Quando Romana si sentì male aveva in tasca le prenotazioni e i biglietti aerei per la Grecia dove avremmo dovuto andare.

Peccato - mi disse, facendo volteggiare i biglietti - mi sarebbe piaciuto tanto andarci con te.

La malattia, si manifestò così, con un assalto vigliacco e imprevisto, una settimana prima della partenza, poi ci fu un improvviso e irreversibile peggioramento.

Una settimana dopo non c’era più.

 

Da quel momento per Yvan niente è più come prima: la vita bella è alle spalle.

 

                                                                                               F. A.

Quella vecchia vecchia storia,

questo pianto senza fine.

Storia di un uomo e di una donna,

vecchia come il mondo.

Ma al tempo che fu nostro,

essa fu solo nostra,

e segreta e splendente:

storia vera come la morte.

E fu infatti la morte a dire

la parola suprema,

la verità,

di quel nostro sognare la vita.

 

Diego Valeri

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