Yvan Beltrame
Yvan Beltrame

Chopin

Estasi n°3: ascoltando Chopin, Ballata in sol minore (1972) -olio su tela - 70 x 80

Questa è una scelta, tra le opere di Chopin, che Yvan Beltrame ascoltava di più

 

Preludio op.28 n°7 in la maggiore

Valzer op.18 n°1 in mi bemolle maggiore

I tre Notturni op.9

- Nott. op.9 n°1 in si bemolle minore

- Nott. op.9 n°2 in mi bemolle maggiore

- Nott. op.9 n°3 in si maggiore

I tre Notturni op.15

- Nott. op.15 n°2 in fa maggiore

- Nott. op.15 n°1 in fa diesis maggiore

- Nott. op.15 n°3 in sol minore

Ballata

- Ballata op. 52 n° 4 in fa minore

- Ballata op.23 n°1 in sol minore

Studio op.10 n°12 in do minore

 

 

Una stesura più completa e approfondita di questo argomento è inserito, assieme a tante altre notizie e immagini, nel libro sull'artista Yvan Beltrame di prossima pubblicazione i testi, che propongo come descrizione delle opere: "Aspettando le stelle" e "L'Attesa",  fanno parte del libro.

Aspettando le stelle  (1956) - olio su tela – 71 x 93

- Mi sono sempre sentito vicino a Chopin perché il suo amore infelice lo condivido anch'io, e ne percepisco la malinconia che, per entrambi, è sempre una tensione forte, creativa, e mai languore sterile, infruttuoso. "Aspettando le stelle" è come se fossero i "Notturni opera n° 9" di Chopin.

E' così che ho immaginato Romana: sul bordo delle Zattere, che sono di colore opaco perché la notte è ancora scura.

Ma ecco: stanno per arrivare le stelle.

L'immagine della sua figura si sdoppia in un'altra donna, chiara come la luna che sorge, diafana e allungata come se aspettasse di ricevere la vita, è per questo che con la punta del pennello l 'ho "sporcata" con dei leggeri riflessi del colore del vestito della figura di sinistra.

Anche l'acqua del profondo canale della Giudecca è qualcosa che non si può riconoscere perché ormai la sua consistenza di acqua e onde, pesci, alghe e melma sul fondo è solo arte e cioè pittura, e la realtà non conta più. Come il paesaggio sul fondo non è più il profilo basso delle case della Giudecca ma è diventato quello dei grattacieli di New York, dove non sono mai stato, ma che Romana mi descriveva, e mi raccontava. Lo sfondo quindi diventa un problema tecnico da risolvere, di proporzione con le figure in primo piano, e nello stesso tempo mi piaceva l'idea di mettere alle spalle di Romana e della sua controfigura qualcosa di "esotico", di lontano, come se potessimo allontanarci insieme da tutto e da tutti, aspettando le stelle.

Serenella Minto

 

L'attesa  (1960) - olio su tela – 59 x 82

(esposta alla Galleria “Il Traghetto”)

- Ora vi svelo un piccolo, grande segreto: così come uno scrittore mente anche quando dice la verità e dice la verità anche quando mente, il pittore stravolge la realtà anche quando la rappresenta e rappresenta la realtà anche quando la stravolge.

Questa è la mia "Ballata n°23 in sol minore" musicata da Chopin, e trasferita in pittura dal sottoscritto: sogno, malinconia, meditazione, ebbrezza ed esplosioni drammatiche come può accadere ad un romantico come sono io, innamorato senza speranza di una donna bella, dolce, poetica.. e irraggiungibile.

E' la Ballata che prediligo perché è come se mi appartenesse, non so da cosa è stato ispirato il compositore, ma quando la ascolto non vorrei potermi muovere da questo cavalletto e disegnare la donna che amo ancora, e ancora fino a che sono stordito dai colori, fino a che tutte le luci al di là del canale si accendono per la notte, e odo soltanto lo sciabordio dell'acqua.

Ho perso la donna della mia vita e adesso, in questo momento, ho la certezza assoluta che non potrò viverle accanto come avevo sognato, per questo vorrei non pensarla più, vorrei non pensarci più, e invece, ecco che riaccendo il giradischi e rimetto il 33 giri con la Ballata di Chopin.

Sono in questo studio a San Vio, che è diventato anche la mia nuova casa. Qui ho un letto "di fortuna" dove far posare le modelle, dove dormire qualche ora.

Il vero letto c'è l' ho nella casa in fondamenta di San Sebastiano perché vivo con mia madre che è sola e oltre a me non ha nessun'altro: mio fratello architetto e mia cognata si considerano troppo "raffinati e borghesi" per far visita ad una vecchia signora che gestiva una panetteria al ponte della Donna Onesta, e ad un pittore che vive come un bohémien.

In realtà sono poche le modelle che ora posano per me, dentro la mia mente solo la forma di una donna compare come una ossessione: l'immagine di Romana.

Verso il canale salgono le nebbie dell'inverno che mi avvolgono come se la solitudine fosse una pasta bianca: come se uno dei miei colori fosse uscito dalla porta dello studio accompagnandomi nella notte.  Ed ecco che torno allo studio, perché ho un'altra idea e voglio lavorarci. Prendo una tela e trasferisco la figura di Romana in un altro paesaggio fantastico che non è più New York o la Baia di San Francisco, ma sono i profili della Monument Valley in America che mio nonno raccontava e che mia madre mi ripeteva per farmi addormentare, deserti dove gli indiani cacciavano il bisonte e tracciavano segni sui loro corpi e sul terreno, ed io li faccio rivivere con le mie linee e il colore, mentre immagino distese sconfinate dove poter bruciare e frantumare il mio dolore...

Invece, guardo dalle vetrate dello studio l'alba caliginosa di Venezia.

 

Serenella Minto


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© Serenella Minto